Il prosciutto "buono" di Sant'Antonio
Pare che i vescovi e i cardinali chiusi nelle stanze austere del Concilio di Trento, circa 460 anni fa, avessero davvero consumato e apprezzato, con anticipo sui tempi consumistici di oggi, una sessantina di prosciutti San Daniele.
Pensavano al futuro della Chiesa mangiando prosciutti di qualità. Eh sì, perché la storia si tramanda, e il fatto che il mercato di San Daniele fosse già presente nel 1063, cioè 960 anni prima, tra salmi e preghiere, deve aver fatto strada.
Non a caso, nella cittadina friulana, esisteva già da tempo una “strada verso il sale”. Dove salatura e affumicatura erano di casa. E dove principi, re, imperatori e nobili rifocillavano le dispense delle proprie dimore e palazzi dorati.
Nella storia ci ha messo lo zampino anche sant’Antonio abate che ha, in San Daniele del Friuli, una chiesetta a lui dedicata. Nella cultura popolare Sant’Antonio non solo calma la fame atavica. C’è di mezzo il maiale. Con il suo grasso, infatti, si curavano le malattie come “il fuoco di Sant’Antonio”.
*pubblicato su Credere, 19.11.2023
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