Digiunare il venerdì? Non solo in Quaresima, però...






Il digiuno nei giorni di Quaresima è una di quelle certezze che ci accompagna da quando siamo nati. Ne abbiamo sentito parlare da subito, i nostri genitori ci hanno educato a questo, non solo le famiglie credenti, i preti di paese e di città ci hanno catechizzato abbastanza. 

La Quaresima inizia il mercoledì delle Ceneri, giorno successivo al martedì grasso che chiude i festeggiamenti del Carnevale. Secondo la tradizione cristiana il mercoledì delle Ceneri rappresenta l’inizio dei 40 giorni che Gesù passò in meditazione e astinenza nel deserto. Per chi è credente, quindi, la Quaresima è un periodo di preparazione alla Pasqua durante il quale è richiesto il rispetto di alcune osservanze religiose.  

 

Ma quale sono queste osservanze? E sono cambiate nel corso del tempo?

C’è da dire, innanzitutto, che la tradizione prende corpo nel Medioevo, quando la proibizione e il pentimento andavano di moda. E chi sgarrava dai precetti della Chiesa rischiava punizioni severe. La pratica penitenziale dell’astinenza dalle carni poi, per restare ai nostri tempi, ha avuto comunque una sua logica nel secolo scorso quando, nelle tavole degli italiani appena uscite dalle due guerre mondiali, scorreva molto vino e soprattutto cibo “grasso”, dagli insaccati al latte crudo. La tradizione contadina delle campagne italiane produceva molto olio, grasso di animale, e certo non può essere paragonata alle abitudini molto più lite o vegane di oggi. Si aggiunga pure che prima il pesce consumato era solo quello “povero”, mentre oggi il pesce, qualsiasi pesce, è diventato una prelibatezza che costa pure un bel po’ di soldi.

Quindi, in realtà, anche la storia del digiuno e della penitenza è cambiata nel tempo. E cambierà probabilmente nel futuro. La Chiesa, infatti, ha aggiornato le sue disposizioni nel 1966 con la costituzione apostolica Paenitemini di Paolo VI e, per quanto riguarda il nostro Paese, nel 1994 con la nota pastorale della Cei, Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza. 

«Circa poi l’astinenza da determinati cibi – spiega la nota della Cei – oggi si stanno diffondendo tradizioni ascetico-religiose che si presentano non poco diverse da quella cristiana. Pur guardando con rispetto a queste usanze e prescrizioni – specialmente a quelle degli ebrei e dei musulmani –, la Chiesa segue il suo Maestro e Signore, per il quale tutti i cibi sono in sé buoni e non sono sottoposti ad alcuna proibizione religiosa, e accoglie l’insegnamento dell’apostolo Paolo che scrive: “Chi mangia, mangia per il Signore, dal momento che rende grazie a Dio” (Rm 14,6). In tal senso, qualsiasi pratica di rinuncia trova il suo pieno valore, secondo il pensiero e l’esperienza della Chiesa, solo se compiuta in comunione viva con Cristo, e quindi se è animata dalla preghiera ed è orientata alla crescita della libertà cristiana, mediante il dono di sé nell’esercizio concreto della carità fraterna. Custodire l’originalità della penitenza cristiana, proporla e viverla in tutta la ricchezza spirituale del suo contenuto nelle condizioni attuali di vita è un compito che la Chiesa deve assolvere con grande vigilanza e coraggio».

 

Sembra chiaro il presupposto per il quale il digiuno e l’astinenza dovrebbero essere non più una legge ma un cammino, seppur difficile, di santità ordinaria e personale, oltre che comunitaria. Per rendere più manifesto il carattere comunitario della pratica penitenziale la Chiesa stabilisce che i fedeli facciano digiuno e astinenza negli stessi tempi e giorni: è così l’intera comunità ecclesiale a essere comunità penitente. 

Fin dai primi secoli il digiuno pasquale si osserva il Venerdì santo e, se possibile, anche il Sabato santo fino alla Veglia pasquale. «Mentre il digiuno nel Sacro Triduo è un segno della partecipazione comunitaria alla morte del Signore, quello d’inizio della Quaresima è ordinato alla confessione dei peccati, alla implorazione del perdono e alla volontà di conversione». 

La Chiesa poi indica alcun settori di particolare attenzione per le nostre pratiche corporali di astinenza e digiuno: il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse; l’uso eccessivo di bevande alcooliche e di fumo; la ricerca incessante di cose superflue; le spese abnormi che talvolta accompagnano le feste popolari e persino alcune ricorrenze religiose; la ricerca smodata di forme di divertimento; l’occupazione frenetica, che non lascia spazio al silenzio, alla riflessione e alla preghiera; il ricorso esagerato alla televisione e agli altri mezzi di comunicazione. La nota della Cei è del 1994 e il web era agli albori. Fosse stata scritta oggi un capitolo a parte lo avrebbero meritato i social network.

 

Il mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo, dunque, non si dovrebbe mangiare la carne. In più, si dovrebbe osservare il digiuno. Tutti i venerdì di Quaresima non è concesso consumare carne o cibi costosi e ricercati. Questa “legge” andrebbe rispettata da chi ha più di 18 anni (fino ai 60 anni), mentre dai 14 anni è richiesta l’astinenza dalla carne senza privazione totale di cibo. E chi si trovasse in serie difficoltà per l’adempimento della legge, è tenuto in questi giorni a sostituire l’astinenza e il digiuno con altra opera di penitenza. Può essere l’astenersi da cibi particolarmente desiderati o costosi, un atto di carità spirituale o corporale, la lettura di un brano della Sacra Scrittura, un esercizio di pietà preferibilmente a carattere familiare, la rinuncia a un divertimento, e altri atti di mortificazione.

 

E, allora, è meglio subito prepararci a mangiare di “magro”. La dispensa si alleggerisce nel periodo quaresimale: ortaggi, frutta, legumi, pochissima carne, pesce (attenti al portafoglio), carboidrati, polenta, pane.

Qualche ricetta? La frittata di scammaro,il cappon magro, originario della Liguria, pane abbrustolito aromatizzato all’olio e aceto dove si sovrappongono strati di verdure e pesci di vario tipo, intervallati da strati di salsa genovese; le paste con le sarde o la colatura di Alici, sua maestà il baccalà nelle sue varianti alla Vicentina, il mollicato abruzzese, alla napoletana, alla romana, e il suo parente nobile, lo stoccafisso. Non possono mancare i fagioli cannellini alla contadina, originari dell’Abruzzo e del Molise, che partono da un alimento povero di grassi come il legume, che viene prima cotto in una pirofila danti al camino e poi riversato in una pentola ripiena di olio bollente con cipolla e aglio. Ufficialmente ha pochi grassi, ma le calorie imperversano.

Tra le proibizioni, infine, non si parla del vino, nemmeno tra gli atti di “mortificazione”. Un buon motivo per farne scorta nelle prossime rigide serate invernali quaresimali.

 

 

Pubblicato su Madre, febbraio 2021

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