Il Mediterraneo "resiliente" di Stefano Saletti e Banda Ikona




Il viaggio nel Mediterraneo resiliente di Stefano Saletti e Banda Ikona riprende di nuovo il suo lento navigare, di sponda in sponda, di costa in costa. Un disco questo, Mediterraneo Ostinato, che non fa sconti a una ricerca musicale e poetica di denso spessore. Quasi a cercare risposte laddove si condensano spesso domande.

Stefano Saletti è band leader di un progetto che lo vede da molti anni impegnato partendo da Roma per poi arrivare in tutta Italia e andare anche oltre, verso confini europei dove le distanze di etnia e cultura si diramano al calore del sole e del sale del Mediterraneo. Un progetto dove la musica "etnica" (definizione che comunque diminuisce l’ampiezza del progetto musicale), o meglio, la musica mediterranea, cavalca le onde delle parole pace, responsabilità, diritti di cittadinanza, diritto ad emigrare. Per Saletti questo Mediterraneo è ostinato, ma a me piace pensarlo assai resiliente. Che poi, forse, è la stessa cosa.

Il disco, uscito in questi giorni per l’etichetta Finisterre, diventa così una sorta di manifesto musicale nel nome di un passato fatto di arte, cultura, porti aperti, incontri, scambi che come una grande rete si sono intrecciati creando nuovi percorsi, storie condivise e una comune anima mediterranea. È cantato in Sabir, antica lingua del Mediterraneo che Saletti ha riportato in vita dall’oblio della storia per farla rivivere nelle sue composizioni originali che attingono anche al grande patrimonio della letteratura mediterranea. Si odono, tra i versi e le melodie, passaggi onirici tratti da Calvino, Pasolini, Alda Merini, Predrag Matvejevic, il poeta curdo Abdulla Goran. 


Un disco distante anni luce dai ritmi digitali di oggi. Non c’è una traccia che una che rimandi al facile ascolto, al ritmo percussivo rap così in voga tra i giovani oggi. 

Mediterraneo Ostinato è davvero un disco analogico. Vecchio stampo. Quasi cantautoriale. Per nulla digitale. Chitarre mediterranee e suoni mediorientali in gran spolvero, percussioni vere, suonate come si suonerebbero vicine al canto del muezzin o in un’assolata piazza del sud Italia, e tante voci che si rincorrono. 

Saletti ha il pregio di collaborare con i grandi della scena artistica “etnica” e non solo italiana. Così nel cd si ascoltano con grande gusto la voce intima e fluttuante di Barbara Eramo – suo, lo scorso anno, il miglior album italiano, Emisferi –,che da anni segue Saletti nelle scorribande mediterranee, e poi la suadente Jasemin Sannino, per passare alle voci “popolari” di Lucilla Galeazzi e Gabriella Aiello.

Strumentisti di prim’ordine, ovviamente: dai fiati etnici di Renato Vecchio al clarinetto di Gabriele Coen, tra i migliori musicisti jazz italiani, dalle percussioni di Arnaldo Vacca all’organetto di Riccardo Tesi, e tanti altri, come Nando Citarella, Alessandro D’Alessandro, Pejman Tadajon, Giovanni Lo Cascio, Mario Rivera, Carlo Cossu.


Certo, ascoltando Mediterraneo Ostinato, si respira, tra le note, gli echi provenienti da un bellissimo album che è entrato nella leggenda, quel Creuza de mä di Fabrizio De André del 1984 che ha fatto la storia della musica mediterranea. Ma è anche giusto così. Perché dai maestri si può solo che imparare.

Però Mediterraneo Ostinato è davvero una doccia rinfrescante, in mezzo a tanta melassa digitale. Un album da gustare tutto insieme, in un solo fiato. Canzone dopo canzone. E se, alla fine, troviamo Cantar, una stupenda melodia cantata magistralmente da Saletti in solitudine con una timbrica molto particolare e insolita (la prima canzone cantata da solo dal compositore e multistrumentista), non faremo l’errore di credere che sia finita.


Perché, alla fine, proprio sull’ultima nota, sta l’inizio di un percorso tutto nuovo lungo le sponde del Mare Nostrum. 

Che Dio benedica allora questa musica. E lunga vita al Mediterraneo. E a Banda Ikona.

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