Post

Visualizzazione dei post da 2024

Il pane della fede e della misericordia

Immagine
Il giorno di Pasqua è la festa del pane , il miracolo dell’impasto della farina con l’acqua che genera sostentamento, vita, allegria.  Un pane della fede che lo studioso del Mediterraneo,  Predrag Matvejević,   chiama  pane delle lacrime ,  raccontando degli ebrei sefarditi che preparavano il loro pane azzimo nella settimana di Pasqua, quando, alla vigilia dello Shabbat e nei giorni dello Jom Kippur, dal vecchio ghetto si diffondeva un gradito profumo di pane accompagnato da silenziose preghiere.  Oppure il  pane della nostalgia   dei Greci scappati dalle loro coste per paura dei Turchi, e rifugiatisi nella laguna veneta.  E ancora il  pane dell’esilio   dei monaci armeni, che nei giorni di festa, cuociono il loro pane bianco, piatto, schiacciato.  Fino alla pietà popolare che posa il suo  pane dei poveri   in nicchie ricoperte di ruggine, sui muri delle case e delle chiese, in luoghi poco esposti. Alla crosta di pane, si aggiungeva qualche soldino di elemosina.  Il pane della fede è a

Sua santità, la birra

Immagine
Come scrive Michael Jackson, uno dei più grandi intenditori di birra del mondo, «le birre trappiste racchiudono tutti gli elementi della Trinità suddetta, hanno un corpo solido e un’anima profonda. In Belgio vengono servite con riverenza a temperatura naturale di cantina o di casa, in magnifiche coppe con stelo che portano il nome del produttore».  Le birre trappiste , però, non confondiamole con le numerose birre “d’abbazia” che, originarie di un’abbazia, vengono oggi prodotte da altre birrerie. La birra trappista è riconoscibile dal logo  Authentic Trappist Product (9 sono i birrifici trappisti in tutto il mondo e ben 5 di questi sono in Belgio), deve essere prodotta in un monastero trappista e sotto la stretta supervisione dei monaci e il ricavato deve essere destinato al sostentamento del monastero.  In Italia c’è la Tre Fontane , che prende il nome dall’abbazia che si trova lungo la via Laurentina a Roma.  Tra preghiere e litanie dei salmi, un buon boccale di birra non si nega a

Sulle vette che non ci sono più

Immagine
«Vi rompiamo le scatole, signori, perché nessuna fonte appartiene al proprietario del terreno. Magari ha il diritto di attingere l’acqua. Ma la fonte appartiene, in modi regolati dalla legge, anche a tutti quelli che vengono dopo. Altrimenti il proprietario delle fonti del Po potrebbe chiudere il rubinetto e lasciare la pianura padana all’asciutto. Vi rompiamo le scatole perché un ghiacciaio è un bene pubblico, è una falda acquifera, non lo potete usare come vi pare. È l’acqua che beviamo anche noi. Non potete accelerare il suo scioglimento triturandolo per fare una pista. Non è di Zermatt, non è di Cervinia, è di milioni di persone tra il Monte Rosa e la laguna veneta. È anche mio, che per altro sono un cittadino valdostano». L’energica presa di posizione dello scrittore Paolo Cognetti apparsa sul quotidiano  La Repubblica  dell’8 novembre scorso, ha scaldato un po’ gli animi. Già, perché il dibattito sul cambiamento climatico è ben presente nell’opinione pubblica italiana. Ma, come

Arrosticini, il vanto d'Abruzzo

Immagine
Gli arrosticini sono famosi in tutto il mondo. Un po’ come la pasta, o la pizza. Solo che hanno un  made in  specifico: l’Abruzzo. Una cultura antica che rimanda alla memoria della transumanza quando i pastori spostavano le pecore dall’Abruzzo alla Puglia nella stagione invernale.  Qui la pecora è sinonimo di arrosticini. Si cuociono sulla brace attraverso un barbecue particolare, costruito in casa, la “fornacella”, che permette agli arrosticini – spiedini di circa 25/30 grammi l’uno – di arrostire per bene, di non bruciare e di mantenere le proprietà organolettiche della carne intatte. Serviti poi in un vaso di terracotta, danno gioia al gusto, all’olfatto e alla vista.  Ormai si mangiano ovunque. Vengono spediti a casa, bracerie e ristoranti li propongono come piatto principale. Anche se assaggiarli all’aperto, cotti nella “fornacella” da mani esperte e avendo davanti a sé lo spettacolo dei suoi quattro Parchi nazionali e regionali, non ha prezzo.  Gustando gli arrosticini siamo tutt