Transumanza. Alla ricerca delle radici

 


Un mestiere storico, vissuto per secoli all’aria aperta, alle intemperie del vento, del freddo e della pioggia, e al calore del sole. Un mestiere antico che definirlo “green”, con le parole dell’oggi, lo renderebbe addirittura superfluo. Un mestiere di nomadi del Creato che piantano la loro tenda lì dove c’è l’erba, e dove il tempo è più mite. Sotto un masso che fa da riparo, e le grotte di montagna che diventano per incanto case accoglienti, con il fuoco acceso. 


Un mestiere antico che oggi vive un inaspettato interesse. Nascono siti web, addirittura i social hanno migliaia di like che parlano dell’argomento. La transumanza non è più un affare per pochi, ma desiderio per molti di capire bene cosa ci sia dietro. E cosa sia effettivamente questa antica pratica tipica dei pastori.


Che cos’è la transumanza, allora? 

La transumanza, spiegano dal sito dell’Unesco, è un’antica pratica della pastorizia che consiste nella migrazione stagionale del bestiame nel Mediterraneo e nelle Alpi. Si tratta di una tradizione che affonda le sue radici nella preistoria e che si sviluppa in Italia anche tramite le vie erbose dei “tratturi” che testimoniano, oggi come ieri, un rapporto equilibrato tra uomo e natura e un uso sostenibile delle risorse naturali. 

«La transumanza è stata inserita nel 2019 dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale, che ha riconosciuto il valore della pratica sulla base di una candidatura transnazionale presentata da Italia, Austria e Grecia. L’Unesco ha riconosciuto due tipi di transumanza – quella orizzontale, nelle regioni pianeggianti, e quella verticale, tipica delle aree di montagna – evidenziando l’importanza culturale di una tradizione che ha modellato le relazioni tra comunità, animali ed ecosistemi, dando origine a riti, feste e pratiche sociali che costellano l’estate a l’autunno, segno ricorrente di una pratica che si ripete da secoli con la ciclicità delle stagioni in tutte le parti del mondo».


Una delle transumanze più conosciute è quella che dalle montagne dell’Abruzzo solca i tratturi fino alle pianure della Puglia (e viceversa, al ritorno). La storia dei piccoli borghi d’Abruzzo è costellata dei riti legati alla transumanza e al ciclo delle stagioni. 


Ma qui puntiamo il naso a Nord. Ci interessa la transumanza della Val SenalesLa Val Senales è una valle alpina laterale della Val Venosta, nelle Alpi Retiche meridionali, in Trentino-Alto Adige, posta a 10 km da Merano, a sud della catena principale alpina e del confine italo-austriaco, prendendo il nome dal comune di Senales e dal relativo rio Senales che scorre nel fondovalle. 

Una particolare transumanza del Nord che sa di ghiaccio, neve, più affine al clima mitteleuropeo che non a quello mediterraneo. Il termine transumanza risale ai termini latini trans “oltre” e humus “terra” e può essere inteso come “al di là della terra coltivata”, indicando che gli animali lasciano il terreno agricolo durante questa tradizione.

E nella Val Senales la tradizione è mantenuta ancora oggi. Due volte l’anno, i pastori della Val Senales e le loro pecore intraprendono un viaggio faticoso e pericoloso attraversando paesaggi rocciosi di alta montagna, crepacci di ghiacciai e persino confini nazionali per sfuggire alla calura estiva e tornare a casa prima dell’inizio dell’inverno. È una transumanza transnazionale, infatti.

I percorsi per la transumanza delle pecore in Val Senales sono utilizzati da oltre 6.000 anni e la tradizione della transumanza è documentata almeno dal 1357, quando i contadini di Senales firmarono i diritti di pascolo. Oggi, come in passato, i pastori si spostano a giugno con 3-4mila pecore da Vernago e Maso Corto in Val Senales attraverso il Giogo Basso e il Giogo Alto verso i pascoli estivi sopra Vent, nella valle Ötztal austriaca. A settembre, poi, riprendono il cammino per ritornare a casa.

Durante il viaggio di due giorni, i pastori e le greggi percorrono fino a 44 chilometri con 3.200 metri di salita e 1.800 metri di discesa. La transumanza in Val Senales è l’unica al mondo in cui si attraversano sia un ghiacciaio che un confine nazionale.


Tradizioni che si rincorrono. Ma che, ancora oggi, mettono insieme folclore e religione, riti magici e fede. Ad esempio, prima della partenza, è rimasta l’usanza di celebrare una messa nella chiesa della Madonna di Senales, dove si trova anche un interessante dipinto ex voto del 1694, che raffigura un pastore soccorso in un crepaccio. Perché la memoria ha valore.

La discesa dall’alpeggio in Alto Adige è una festa di popolo, come suggerisce il sito di informazioni turistiche www.suedtirol.info/it

Da sempre un momento importante nel calendario contadino. Le mucche vengono agghindate con corone artistiche, i vitelli adornati con fiori freschi, le pecore marcate con vari colori. Piatti contadini, “Goasslschnöller” e musica non mancano mai. Sul Renon, la transumanza verso i pascoli alpini si celebra il 24 agosto, il giorno di San Bartolomeo – “Barthlmastag” in tedesco. Quella della Val Senales a metà settembre. Anche in Alta Val Venosta si vive questa antica usanza che vede persone e animali tornare a valle dagli alpeggi. Questa importante ricorrenza, però, non affascina solo per la transumanza vera e propria, ma anche per altri rituali, come la cosiddetta “Schafschoad”, la tosatura delle pecore.


Da metà agosto a tutto ottobre la civiltà contadina è in festa in Trentino-Alto Adige.

Non si tratta solo di eventi che sicuramente attirano anche una sempre maggiore fetta di turismo attratto dalla sostenibilità e da tutto ciò che è ambiente, green, verde. In realtà, la transumanza, soprattutto oggi che la sua storia viene abilmente raccontata dal mondo digitale, ha un suo carattere filosofico, etico.


Diventa una scelta di vita.

Transumanza fa rima con ambiente e montagna, turismo e vita bella e sostenibile, senza per questo violentare le nostre bellissime montagne con nuove costruzioni di impianti di risalita, e rifugi che sembrano dei ristoranti a tre stelle.

Oggi, per fortuna, la transumanza appare ai nostri occhi per quella che è: un’opportunità di vivere in armonia “controllata” e rispettosa delle nostre montagne e delle nostre campagne, in un luogo stabilito dove la natura abita e stabilisce un rapporto paritario con l’uomo. La transumanza è il luogo prediletto per asserire con convinzione che questo mondo e questo Creato Dio ce lo ha dato in prestito, per custodirlo e conservarlo per le generazioni future.

Transumanza è la cultura del nomadismo, della tenda che diventa riparo improvvisato ma casa accogliente, dello spostarsi ma restando fedeli alla propria casa, al proprio ambiente, al luogo in cui si è nati e cresciuti.

Transumanza è il luogo ideale per mangiare dei formaggi di alpeggio stupendi, di assaggiare le prelibatezze del latte di pecora e anche, ormai sempre più raro, del latte di capra.

Transumanza ci regala ogni anno dei formaggi che vincono premi internazionali, allarga la filiera di chi da pastore diventa imprenditore. Senza dimenticare però le origini.

Transumanza è ancora un’ultima preghiera al Dio della sera e della mattina, la compieta prima del grande silenzio notturno e le lodi del mattino, il vespro al calar della sera e l’ora media, quando tutto sembra fermo e l’aria rarefatta. E la solitudine attende il risveglio di Dio.

Transumanza, infine, è il ritorno a casa. Le luci della festa e lo stupore del ritrovarsi.  

Per questo, ancora oggi, benedetta da Dio.


*pubblicato in Madre, settembre 2023

Commenti